Karoline MIkklesen nel 1935 aveva quasi trent’anni e accompagnava il marito, il capitano Klarius MIkklesen, in ogni suo viaggio.
Nell’inverno (o meglio, estate) a cavallo tra il 1934/35 Karoline sbarca assieme al marito sulla terraferma dopo un lungo viaggio a bordo della Thorshavn, una nave baleniera: è il continente bianco, l’Antartide. Dopo alcune esplorazioni europee avventurose, Karoline è la prima donna ad aver messo piede in Antartide.
Karoline, suo marito e alcuni uomini dell’equipaggio issano la bandiera norvegese e costruiscono un cairn, che viene dimenticato e riscoperto un paio di volte nei decenni seguenti. I cairn sono cumuli di pietre coniche che vengono costruiti dagli esploratori per lasciare un segno del proprio passaggio in cui conservare documentazione per chi li seguirà, o anche piccoli oggetti o addirittura qualche provvista secca. Nel loro assetto antropico li rende quindi immediatamente riconoscibili in ambienti incontaminati dove la presenza umana è poco o nulla. Klarius Mikklesen darà il nome della moglie a un piccolo rilievo, Mount Caroline Mikklesen.

Ghiacci e cielo

L’Antartide è per antonomasia la terra più remota. Le condizioni climatiche sono così proibitive che solo poche specie faunistiche, soprattutto aviarie, e alcune vegetali possono sopravvivere nelle sue più esterne coste. L’umanità si è accorta solo recentemente della sua esistenza, fino a pochi secoli fa nota solo alle popolazioni indigene della Terra del Fuoco e Oceaniche che, vivendo soprattutto di pesca, potevano spingersi fino agli estremi dell’Antartide.
Attualmente l’Antartide è, per il suo profilo così proibitivo, indomito e percepito come lontano, anche una terra fragile, di ecosistemi delicati che possono essere sconvolti e compromessi a causa dell’inquinamento umano sempre maggiore che riesce a spingersi sempre più lontano, tra microplastiche, brusche oscillazioni delle temperature e alterazioni delle migrazioni degli animali e dei loro sistemi di orientamento.
Di Caroline Mikklesen e dell’esplorazione del marito Klarius non abbiamo molti altri dati in questa sede. Per il libro del giorno abbiamo deciso quindi di proporre un titolo diverso, ma egualmente avventuroso, che parla di un tipo diverso di esplorazione in una terra così fragile:

Antartide – un continente di Ghiaccio

Un continente di ghiaccio,
di Ron Naveen, Colin Monteath, Tui de Roy, Mark Jones.
SIlvana editoriale, 1990

Titolo originale: Wild Ice; © The Smithsonian Institution

SI tratta di un bellissimo catalogo fotografico che esplora, a inizio degli anni Novanta, la maestosità dei ghiacci dell’Antartide e la grande ricchezza di vita animale, dello spettacolo delle luci e della complessità di viaggiare attraverso questi spazi infiniti. Molte di queste fotografie sono la prima forma documentaria di tanti luoghi.
Questa missione naturalistica avvenne negli stessi anni in cui si stava discutendo se e come rivedere il Trattato Antartico del 1961, in cui l’area antartica venne dichiarata un’area pacifica da cui erano banditi i concetti di sfruttamento economico e stravolgimento militare, e che permette missioni scientifiche cooperanti. Oggi l’Antartide è quindi un soggetto molto fragile, monitorato da missioni scientifiche che raccolgono dati.